Al termine della modellazione di una struttura, e in particolar mondo se questa è in cemento armato, tra i vari parametri da definire prima di lanciare il calcolo, compare quello relativo all’amplificazione della rigidezza assiale dei pilastri.
I metodi classici della scienza delle costruzioni effettuano il calcolo delle sollecitazioni sui telai considerando le aste inestensibili assialmente e indeformabili a taglio; al contrario, i più comuni software di analisi strutturale effettuano il calcolo rimuovendo tali ipotesi.
Per quando riguarda la deformabilità assiale dei pilastri è opportuno seguire alcuni accorgimenti che non portino a calcolare erroneamente le sollecitazioni agenti sulla struttura. In fase di modellazione, tutti i carichi, e in modo particolare quelle dovuti al peso proprio, sono applicati sulla struttura contemporaneamente: ciò significa, ad esempio, che sui pilastri del primo impalcato graverà tutto il peso della struttura sovrastante, come se questa fosse costruita in un solo istante.
Ciò che avviene nella realtà è invece il contrario: la struttura è costruita un piano per volta, e subisce già le prime deformazioni per effetto del peso proprio. A maturazione avvenuta del calcestruzzo, si procede con la costruzione del piano superiore: la lunghezza dei pilastri sarà leggermente superiore a quelle di calcolo poiché si deve compensare l’accorciamento dei pilastri del piano inferiore, che si sono già adattati alle deformazioni per effetto del proprio peso.
Le deformazioni che subiscono i pilastri del secondo impalcato è differente da quella calcolata considerando la deformabilità assiale, poiché al momento della loro esecuzione una frazione del carico dell’intera struttura è stata già applicata.
Considerazioni sulla rigidezza assiale
Si supponga che i pilastri più sollecitati di ogni impalcato, generalmente quelle centrali, per effetto del peso proprio, subiscano un accorciamento relativo, rispetto a quelli di bordo, pari a 10 centimetri. Considerare la deformabilità assiale in fase di calcolo porterebbe, per i pilastri del secondo piano, a un abbassamento (relativo) di 20 cm: 10 per effetto del peso proprio e ulteriori 10 per effetto della deformazione dell’impalcato inferiore. Se così fosse, paradossalmente i pilastri del sesto piano si accorcerebbero di 60 cm; poiché a una maggiore deformazione corrisponde una maggiore sollecitazione, le travi di collegamento risulterebbero soggette a un momento flettente molto più elevato.
Per ridurre tali effetti indesiderati e tener conto delle fasi costruttive che compensano le deformazioni assiali che di volta in volta si verificano, è buona norma amplificare la rigidezza assiale dei pilastri. In generale, il coefficiente di amplificazione può essere scelto pari a dieci volte il numero di piani per strutture prive di pareti e semplicemente pari a 10 per strutture con pareti irrigidenti.
Le figure che seguono riportano il calcolo di un telaio in c.a. di 10 piani, dove ogni impalcato è soggetto a un carico distribuito pari a 20 kN/m, effettuato dapprima considerando la deformabilità assiale dei pilastri e, successivamente amplificando la rigidezza attraverso un coefficiente pari a 100 (10 x il numero di piani). I diagrammi delle deformate e delle sollecitazioni sulle travi mostrano come i risultati ottenuti nei due casi siano diversi tra loro.
In IperSpace BIM il coefficiente di amplificazione della rigidezza assiale dei pilastri va inserito all’interno della finestra delle proprietà relativa all’oggetto di libreria Calcolo.
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